APRASSIA


Quando ci troviamo di fronte ad una lesione dell'emisfero sinistro del cervello e quindi in presenza di una emiplegia destra è possibile riscontrare il problema dell'aprassia, spesso associata anche ad Afasia
I familiari che sentono questo termine spesso interpretano l'aprassia come se fosse una patologia aggiuntiva all'emiplegia, in realtà dobbiamo considerare l'aprassia come un termine che racchiude in se alcune particolarità dell'organizzazione del movimento.

Prima di affrontare il tema dell'aprassia ti invito a vedere questo video dove insieme ad una mia paziente eseguo un test (De Renzi), che mi permette di evidenziare alcune caratteristiche del problema aprassico, dopo la visione sarà più chiaro il problema dell'Aprassia.




Come ho detto anche nel video, spesso faccio assistere ai familiari a questo test in modo che si rendano conto che il problema dell'emiplegia non è un problema muscolare in quanto gli errori prodotti dai pazienti che presentano problemi aprassici, li dimostrano anche con i movimenti eseguiti con l'arto "sano". 
Questo ci da l'evidenza che il problema del movimento in seguito ad un ictus è un problema che nasce dalla lesione cerebrale e dall'alterazione delle funzioni cognitive alterate dalla lesione.

In questo articolo non affronterò il problema dell'aprassia ricorrendo alla classificazione classica che vede distinguere l'aprassia in Ideativa, Ideomotoria (AIM) e Acrocinetica, ma attraverso spunti pratici di comprensione del problema.

Gli errori che abbiamo visto compiere nella paziente del video si chiamano paraprassie ed hanno delle caratteristiche specifiche, infatti abbiamo visto che in diverse occasioni la copia del movimento avveniva con degli errori sia dal punto di vista dell'organizzazione nello spazio del proprio arto, sia nella gestione delle sequenze temporali del gesto. 
Tante volte inoltre quando la paziente doveva eseguire un gesto, riproduceva invece tracce del gesto precedente e questo fenomeno si chiama perseverazione
Chi è a contatto con un paziente afasico, avrà notato questo fenomeno anche nei confronti del linguaggio, quando il paziente prova a dire una nuova parola e non riesce ad abbandonare l'idea della parola precedente.

Pertanto quando dobbiamo affrontare la riabilitazione di un paziente che presenta delle note aprassiche come quelle che abbiamo visto nel video e che tra l'altro sono piuttosto frequenti, dobbiamo considerare che il recupero del movimento dovrà passare per la riorganizzazione delle funzioni cerebrali che ci permettono di eseguire i movimenti nello spazio nelle giuste direzioni, selezionando le giuste parti del corpo che sono interessate in ogni singolo gesto e metterle in relazione tra di loro in modo corretto. 
Come abbiamo visto, spiegarlo al paziente non basta, e nemmeno è sufficiente guidare manualmente il paziente nel movimento, dobbiamo agire alla base, proponendo esercizi che migliorino la sua capacità di indirizzare l'attenzione in modo più efficace al suo corpo, infatti come hai visto nel video, la paziente era molto concentrata ad osservare il gesto per poi riprodurlo, ma il suo sguardo spesso era poco variabile e non osservava tutte le caratteristiche del movimento.

Il problema dell'aprassia insieme a quello dell'afasia rischia spesso di esporre il paziente emiplegico destro ad un trattamento non sempre appropriato proprio per le difficoltà di comunicazione ed interazione che abbiamo. Porto sempre con me il ricordo di un evento accaduto in tirocinio in una nota clinica romana, dove seguivo il mio tutor in modo da poter apprendere il più possibile come trattare i pazienti con ictus, quando venne una paziente piuttosto simile a quella che vi ho mostrato in video, ero ansioso di scoprire come si potesse interagire dal punto di vista riabilitativo senza usare il canale linguistico e l'imitazione e la delusione fu evidente in me quando il mio tutor mi disse, che con un paziente così non avremmo potuto fare altro che rinforzare il lato sinistro del corpo dato che non potevamo comunicare in modo efficace. 
Ma fortunatamente, c'è dell'altro e a maggior ragione con un paziente emiplegico che presenta così tante difficoltà cognitive, dobbiamo impostare una riabilitazione adatta ai suoi reali problemi. 
Quando vengo chiamato per un corso di formazione infatti richiedo sempre di poter effettuare dimostrazioni pratiche su un paziente con grave afasia ed aprassia, per mostrare che si può impostare un riabilitazione neurocognitiva di buon livello anche in questi casi e ... anche per esorcizzare il ricordo di quella paziente che non ricevette il trattamento di necessitava.

Molti ritengono che il problema dell'aprassia sia un problema esclusivo della mano, ma gli errori e le paraprassie che abbiamo visto nel movimento della mano sinistra sono presenti anche quando il paziente aprassico cammina, infatti possiamo notare degli aspetti caratteristici, basta guardare questo breve video per identificarne solo alcuni.



La tendenza di sollevare molto la gamba destra e di farla precipitare verso il suolo senza controllo, lasciando che sia il terreno a frenare la caduta del piede e non viceversa, come a non saper gestire in modo adeguato la distanza fra il proprio corpo ed il suolo, ed in parte la stessa cosa avviene anche a sinistra anche se in misura più lieve. In questo caso il sollevamento della gamba è diverso da quello che osserviamo abitualmente nell'emiparesi e che viene denominata andatura falciante. L'anca e l'intero arto inferiore spesso si presenta ruotato all'esterno. 
In altri casi quando presente il movimento della caviglia questa viene ruotata troppo in alto durante il passo.

Mi preme mostrare una delle tante possibilità di poter affrontare gli esercizi di fronte ad un caso di aprassia ed afasia. 
Si tratta di un breve estratto  dove propongo un esercizio di riconoscimento della posizione della gamba nello spazio. Proviamo a ragionare sul perché di un esercizio di questo tipo, infatti come abbiamo visto nel video del cammino del Sig. Effe, il suo modo di sbattere il piede a terra ci dimostra la sua difficoltà nell'organizzare la distanza fra il corpo ed il suolo, per questo abbiamo la necessità di riorganizzare la percezione di questo fenomeno. 
Nel video vedrai che il paziente è sdraiato, ma solo per mostrare che tali esercizi li possiamo svolgere anche nelle prime fasi in seguito all'ictus, quando ancora il paziente non ha ottenuto un controllo del tronco sufficiente per farli da seduto e da in piedi. In definitiva anche se stiamo lavorando da sdraiati stiamo comunque lavorando sul cammino. Lavorare sul recupero del cammino, non significa sempre lavorare CON il cammino. 

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